Gli sciaffusani rifiutano la messa in vendita della scuola. E la sinistra ticinese che fa?

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Domenica 3 luglio 2016 il popolo sciaffusano ha respinto in votazione popolare la riforma della legge della scuola proposta da governo e parlamento cantonali (leggi qui i risultati della consultazione): una grande vittoria per la democraticità della scuola e un chiaro no alla messa in vendita della scuola pubblica.

Ebbene sì, per risanare le finanze cantonali le autorità hanno ritenuto lecito far pagare agli studenti di liceo i corsi opzionali e facoltativi offerti dalle scuole superiori cantonali: grazie alla riforma, queste avrebbero potuto fatturare alle famiglie ben 100 franchi all’anno per accedere a questa offerta formativa complementare, permettendo così allo Stato di risparmiare circa 290’000 franchi all’anno.

Il referendum promosso dalla sinistra e dal mondo della scuola ha però permesso di evitare questo scellerato scenario e la modifica di legge promossa dal consigliere di Stato liberale dell’istruzione Christian Amsler si è scontrata con l’opposizione della popolazione sciaffusana, che si è espressa a favore dello status quo con oltre il 52% delle preferenze.

La votazione popolare svoltasi oggi nel cantone d’Oltralpe ci dà però anche lo spunto per tracciare qualche parallelo con la situazione creatasi in Ticino: qui le cose sono infatti ben diverse, e la sinistra, al contrario di quella sciaffusana, appare divisa sul tema della mercificazione della scuola pubblica.

Nel nostro Cantone, infatti, la manovra di rientro finanziario presentata dal governo ad aprile contiene un provvedimento molto simile (e per certi versi peggiore) a quello proposto dall’esecutivo del cantone sul Reno, ossia la riduzione dei corsi facoltativi e l’abolizione di alcuni corsi complementari al liceo. Questo taglio dell’offerta formativa non ha però suscitato particolari critiche nella sinistra nostrana, anzi: esso è stato elaborato proprio dal ministro socialista dell’educazione Manuele Bertoli, il quale sembra condividere, come tutti i suoi colleghi di governo, l’intento e le misure del pacchetto di risparmio.

Il Partito Socialista, dal canto suo, ha solo accennato alla questione, senza condannare esplicitamente un provvedimento di carattere squisitamente antisociale, che avrà l’unico risultato di escludere gli studenti delle classi medio-basse da un’offerta formativa e culturale che si potrà trovare unicamente nel fiorente mercato privato dell’istruzione (con dei costi evidentemente non sostenibili per delle famiglie economicamente svantaggiate).

D’altra parte, salutiamo con piacere la posizione della sinistra giovanile ticinese: la Gioventù Comunista, e da oggi anche la Gioventù Socialista, si sono infatti schierate contro questo ennesimo taglio alla scuola pubblica. Queste appoggeranno quindi il SISA nella raccolta firme per la petizione “NO allo smantellamento del liceo”, che contesta, tra le altre, anche questa misura, tesa a risanare le finanze cantonali grazie ad un progressivo smantellamento della scuola pubblica e ad una graduale mercificazione dell’istruzione.

Ci auguriamo quindi che la lezione del popolo sciaffusano serva da esempio e da spunto per il dibattito a Sud delle Alpi, che al momento sembra essere piuttosto latente…

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