23 marzo: un appello rimasto inascoltato? (Z. Casella)

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LUGANESE_casella_zenodi Zeno Casella, coordinatore del SISA

redatto per la rivista “Risveglio” della Federazione Docenti Ticinesi (FDT)

 

 

Il mondo della scuola, data la perenne assenza di considerazione da parte delle autorità politiche, è solito utilizzare lo strumento della mobilitazione per manifestare le proprie rivendicazioni e stimolare il dibattito pubblico sulla qualità dell’istruzione e sul diritto allo studio. La formula tradizionale per eccellenza è quella dello sciopero, che permette di ricavarsi degli spazi mediatici importanti e di dare un certo risalto alle richieste della scuola. Quest’anno però, a fronte dell’ennesima emorragia finanziaria nel budget del sistema scolastico, le parti si sono invertite: a chiedere agli studenti e ai docenti di non fare lezione non sono stati i sindacati e le associazioni magistrali, bensì il governo cantonale stesso. Una situazione, verrebbe quasi da dire, al limite del paradossale.

P1150205Se non fosse che questo “sciopero al contrario”, che ha avuto luogo il 23 marzo scorso, è riuscito a mostrare all’opinione pubblica la compattezza e la determinazione della scuola nel non voler continuare a subire una politica di smantellamento che dura da ormai più di vent’anni. O almeno, così pareva. L’appello lanciato due mesi or sono sembra infatti essere caduto nel vuoto: nonostante la massiccia presenza in sede e in piazza dei docenti, degli studenti e dei genitori, il governo prosegue imperterrito nella sua minuziosa opera di svendita dell’istruzione al mercato privato.

Appena un mese dopo la manifestazione di protesta, il Consiglio di Stato e il DECS hanno presentato alcune misure che, unite alle recenti richieste del consigliere federale Johann Schneider-Ammann, delineano i contorni di un triste e sconsolante disegno politico: la graduale soppressione del diritto allo studio, da compiersi tramite puntuali interventi di riduzione dell’offerta formativa e di aumento della selettività negli studi secondari. L’obiettivo è chiaro ed è sul piatto da anni: abbassare il tasso di licealizzazione degli studenti ticinesi, ritenuto eccessivamente elevato dagli ambienti economici e dal padronato. Tuttavia, il metodo ideato dai piani alti del Dipartimento ha un che di subdolo e fosco: non potendo intervenire direttamente sulla struttura del liceo (pena l’innesco della dura opposizione del mondo scolastico), ci si concentra sulle condizioni quadro di apprendimento, le quali possono spesso venir rimaneggiate senza dover nemmeno passare da una votazione parlamentare!

Ed ecco però che il diritto allo studio, uno dei temi centrali della giornata del 23 marzo, va a farsi benedire: se già oggi i vari rilevamenti ci mostrano una netta incidenza dell’origine sociale degli studenti nel determinare i risultati scolastici, possiamo già immaginare quali saranno le conseguenze di una maggior selettività nella formazione liceale. Questa è ormai destinata a trasformarsi in un milieu ancor più elitario di oggi, divenendo appannaggio esclusivo delle classi sociali più alte. Insomma, un vero e proprio regresso alla situazione esistente nella prima metà del secolo scorso!

Noi non staremo in disparte ad osservare il compimento di questo vero e proprio smantellamento del liceo pubblico (perché è di questo che si parla) e siamo pronti a combattere con tutti gli strumenti a nostra disposizione. Dato che gli appelli verso l’esterno non riscuotono grande successo, ci appelliamo quindi a chi la scuola la fa e la conosce: la collaborazione tra studenti e docenti sperimentata il 23 marzo lascia ben sperare per eventuali mobilitazioni future, motivo per cui invitiamo tutti i docenti (e i genitori naturalmente) a partecipare alla campagna del SISA a difesa di quel (già minimo) diritto allo studio che oggi viene ancora garantito.

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