Religione a scuola: basta compromessi al ribasso con la Curia!

Ha luogo oggi il dibattito in Gran Consiglio riguardo al futuro dell’insegnamento religioso a scuola. Il modello proposto e che verrà molto probabilmente accettato prevede un insegnamento religioso di tipo confessionale facoltativo nei primi tre anni della scuola media e un insegnamento obbligatorio di storia delle religioni nel quarto e ultimo anno. Il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) ribadisce innanzitutto la sua totale contrarietà all’insegnamento religioso confessionale, anche se facoltativo, all’interno degli istituti scolastici, in quanto viene così lesa la laicità dello Stato e della scuola. La religione è una questione privata e la scuola pubblica e lo Stato non se ne devono quindi assumere i costi e la responsabilità. Se la Chiesa vuole fare proselitismo tra i giovani, è liberissima di farlo a sue spese al di fuori dell’orario scolastico (come qualunque altra organizzazione religiosa, politica, culturale, ecc.).

Il sindacato sottolinea anche la sua contrarietà all’introduzione della nuova materia “storia delle religioni”, la quale andrebbe ad appesantire maggiormente ed inutilmente la mole di studio degli allievi del quarto anno delle scuole medie, già molto carichi di lavoro. La continua frammentazione della storia non è affatto positiva, in quanto questa materia si vede di conseguenza sempre più indebolita. Trattare un fenomeno sociale importante come quello religioso in modo separato dal resto dei fenomeni storici, geografici e culturali è controproducente per gli allievi, che così faticherebbero maggiormente a mettere in relazione i diversi concetti trattati. La materia si troverebbe dunque priva delle sue fondamenta e verrebbe totalmente decontestualizzata. Il SISA si chiedie inoltre in quale proporzione verrebbero trattate le diverse correnti religiosi (e non religiose: ateismo, agnosticismo, ecc.), considerato il fatto che durante la sperimentazione di questa nuova materia il cristianesimo occupava ben la metà del programma, riducendo lo studio delle altre correnti confessionali e filosofiche a pochi elementi nozionistici.

Il SISA ritiene dunque necessarie l’abrogazione dell’articolo 23 della Legge della scuola (il quale prevede appunto un insegnamento religioso confessionale facoltativo delle due principali correnti cattoliche), la rinuncia all’imposizione di un qualunque corso obbligatorio sul fenomeno religioso (confessionale e non), l’integrazione del fenomeno religioso all’interno delle materie umanistiche già esistenti (come già avviene a Ginevra e Neuchâtel) e la fine del rapporto di sudditanza dello Stato nei confronti delle Chiese: la scuola pubblica non le riguarda, non si deve scendere a patti con esse.

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