NO alla riforma fiscale (RIE 3) e ai tagli sociali

Il 12 febbraio la popolazione sarà chiamata ad esprimersi su numerosi temi, e in particolare su 4 referendum contro i tagli sociali approvati dal Granconsiglio ticinese e contro la Riforma 3 dell’imposizione delle imprese. Il SISA invita tutti i votanti a respingere queste 4 modifiche di legge, che andrebbero a indebolire sensibilmente il già martoriato stato sociale del nostro Cantone e aprirebbero le porte ad un periodo di austerity di masoniana memoria: non facciamoci ingannare e il 12 febbraio votiamo 4 NO convinti ai tagli e alla RIE 3!

Materiale della campagna


La Riforma 3 dell’imposizione delle imprese: gli ennesimi regali fiscali a favore dei più ricchi…

La Riforma 3 dell’imposizione delle imprese, approvata in giugno dal Parlamento, vuole sopprimere i privilegi fiscali oggi concessi a numerose imprese multinazionali (in modo da rientrare nei criteri OCSE per la concorrenza fiscale). Fin qui, nulla di male: il problema è posto però dal fatto che, per “mantenere fiscalmente attrattivo il Paese”, le Camere hanno introdotto nella nuova legge una miriade di nuove deduzioni per le aziende, che andranno a causare degli importanti ammanchi per le casse dello Stato. E qui c’è da preoccuparsi, e anche parecchio.

Gli sgravi fiscali previsti dalla riforma permetteranno alle imprese di beneficiare di forti riduzioni del carico fiscale, i cui effetti non sono assolutamente prevedibili! Numerose deduzioni hanno infatti carattere facoltativo e spetterà ai singoli Cantoni definire quali adottare e quali no. Inoltre, occorre ricordarsi cosa avvenne in occasione della Riforma II, approvata di stretta misura dal popolo nel 2008: in questo caso il Consiglio Federale stimava perdite per circa 900 milioni, ma solo qualche anno dopo ci si è resi conto che le minori entrate sarebbero ammontate a più di 7 miliardi! Oggi il governo ci dice che verrà a mancare circa 1 miliardo di franchi, ma possiamo legittimamente aspettarcene 3 o 4 volte tanti.

La tendenza dell’ultimo decennio, illustrata in questo grafico (fonte: “Réforme de l’imposition des entreprises III : pas de baisse de l’imposition des entreprises au détriment de la population“, Travail.Suisse), mostra come in realtà le imprese con sede in Svizzera abbiano già beneficiato di importanti riduzioni del carico fiscale: dal 2005 ad oggi, il tasso medio d’imposta sugli utili è infatti calato dal 22% al 18%! Eppure, secondo governo e parlamento, occorrerebbe ridurre ancora la pressione su di esse: come se il resto della popolazione svizzera se la passasse bene (In Svizzera ben 530’000 persone vivono in condizioni di povertà…)!

Intanto però, le casse pubbliche si svuotano e i nostri governanti ci costringono a tirare la cinghia: i programmi di risparmio della Confederazione si susseguono (l’ultimo – in termini cronologici – è stato presentato dal Consiglio Federale lo scorso maggio) e a farne le spese sono i lavoratori, gli studenti, i ceti medio-bassi, che si vedono ridotti i sussidi di cassa malati, i budget per la formazione, le assicurazioni sociali ecc.

In definitiva, questa continua erosione del carico fiscale a favore delle imprese e degli alti redditi sta quindi conducendo allo smantellamento dei diritti sociali e del servizio pubblico, con conseguenze importanti anche per l’istruzione e il diritto allo studio.

Quale futuro per la scuola? L’istruzione tra privatizzazione strisciante e aumento dei costi per le famiglie

I continui piani di risparmio della Confederazione hanno infatti toccato più volte il settore della formazione, in particolare quella di grado terziario (università, politecnici, SUP, ecc.). Sottraendo fondi agli atenei svizzeri, la Confederazione favorisce due processi estremamente preoccupanti per chi, come noi, mira ad una vera affermazione del diritto allo studio e ad un sistema scolastico che persegua lo sviluppo critico e cosciente dei cittadini a 360° e non semplicemente la formazione di manodopera adatta alle esigenze del mercato privato.

Da un lato, il salasso forzato cui sono sottoposti i budget delle università le spinge a riversare una parte crescente dei costi della formazione sulle spalle degli stessi studenti, come è stato il caso al Politecnico di Losanna (dove le tasse d’iscrizione sono state raddoppiate da un anno all’altro, nonostante le proteste degli allievi) o all’Università di Ginevra (dove invece lo sciopero studentesco ha impedito il peggio). Questo evidentemente causa notevoli problemi alle famiglie finanziariamente meno forti, che vedono aumentare il costo dell’istruzione dei propri figli e che, a lungo termine, vengono scoraggiate dall’intraprendere simili percorsi di studio. In barba alle cosiddette “pari opportunità di formazione”…

D’altra parte, trovandosi con sempre meno fondi a disposizione, gli atenei vengono anche indotti a cercare dei canali di finanziamento “alternativi”… Ovvero a rivolgersi al mondo dell’imprenditoria privata, spesso molto interessata a mettere le mani sul fruttuoso mondo della ricerca accademica per sfruttarlo per i propri profitti. E così, il sistema universitario svizzero viene progressivamente svenduto all’economia privata, con gravi conseguenze per l’indipendenza accademica e distorcendo la funzione della scuola nella società (Leggi qui e qui). E con ogni probabilità non ci troviamo che all’inizio di un vero e proprio processo di progressiva privatizzazione del nostro sistema scolastico…

Un’eventuale approvazione della riforma fiscale non farebbe che accelerare tali processi di smantellamento della scuola pubblica: non possiamo permetterlo!

E in Ticino? C’è da preoccuparsi…

Purtroppo la situazione nel nostro Cantone non è per nulla più rosea rispetto a quella nazionale, anzi: c’è da preoccuparsi, e anche parecchio!

Le politiche di freno alla spesa pubblica e di de-fiscalizzazione che hanno caratterizzato la politica economica della Confederazione sono ben note (e applicate) anche in Ticino e hanno prodotto risultati simili a quelli riscontrati a livello federale. La scuola (così come la socialità, il servizio pubblico, la sanità, ecc.) è stata una delle tante vittime dei piani di risparmio promossi da Consiglio di Stato e Granconsiglio. I tagli alla scuola si sono così susseguiti nel corso degli anni (vedi specchietto a lato) e hanno globalmente impoverito il nostro sistema scolastico, con gravi ripercussioni anche sull’equità dell’istruzione.

La tendenza non sembra però volersi arrestare, anzi: il Governo ha già annunciato, qualora la riforma fiscale venisse approvata, di voler presentare un nuovo pacchetto di deduzioni fiscali, che dovrebbero servire – anche qui – a “preservare l’attrattività fiscale del Cantone”. In concreto, si tratta di sgravare fiscalmente le imprese con sede in Ticino (si parla di una riduzione di un terzo dell’importa sull’utile).

Qualcosa però non torna. Il Granconsiglio ha appena approvato un pacchetto di risparmio da 200 milioni per permettere allo Stato di azzerare il proprio deficit d’esercizio entro il 2019. Questa manovra di rientro prevede nuovi gravi tagli alla socialità, che promettono di mettere in difficoltà numerose famiglie ticinesi già particolarmente sotto pressione, ma il Governo si appella alla “responsabilità” dei cittadini, che devono comprendere l’importanza dei sacrifici che sono chiamati a compiere.

Ma se le casse pubbliche erano tanto vuote da dover costringere le fasce più deboli della popolazione a sopportare degli ulteriori sacrifici, come mai, di punto in bianco, lo Stato ha la disponibilità finanziaria per poter regalare dei milioni alle imprese, ai ricchi, agli azionisti? Vedete voi, ma a noi questa sembra una presa per il c…

Le prospettive per il futuro non sono per nulla incoraggianti: se la riforma fiscale venisse accolta, e gli sgravi per le imprese proposti dal Consiglio di Stato venissero applicati, le entrate fiscali del Canton Ticino verrebbero ridotte in modo importante, portando nuova austerity, nuovi piani di risparmio, nuovi tagli, e via di seguito. In poche parole, accettare questa riforma significherebbe veder ritornare sul tavolo proposte scellerate come la riduzione di un anno degli studi liceali, o la trasformazione in prestito di 1/3 delle borse di studio: dobbiamo opporci a tutto ciò!

Il 12 febbraio votiamo 4 NO ai tagli e alla riforma fiscale, per non rinchiuderci in un futuro di precarietà!

Per questi motivi, il SISA invita tutti i votanti a respingere alle urne la Riforma 3 dell’imposizione delle imprese e i tagli sociali promossi da Governo e Parlamento cantonali: non possiamo permetterci di cedere!

Il 12 febbraio votiamo quindi:

  • NO alla Riforma 3 dell’imposizione delle imprese

  • NO alla riduzione delle prestazioni sociali

  • NO al peggioramento delle cure a domicilio

  • NO all’indebolimento della giustizia


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